Gufo reale, Gufo comune e Allocco

Ho la stessa età dell’antica quercia le cui radici si estendono apertamente laggiù nel muschio, molte razze sono passate prima di me, e ancora sono il gufo solitario di Srona” sono alcuni dei versi del poema di  D. Mac Fhionnlaidh tratto dalla raccolta “Gaelic Bards from 1411 to 1715” di Maclean Sinclair.

L’idea che un gufo abbia molti secoli di età non la troviamo solo in Scozia ma è comune a molte culture come in quella gallese. Nei racconti che parlano di Re Artù e dei suoi cavalieri, infatti, troviamo scritto  “Gwrhyr parla al gufo dicendogli: Siamo i messaggeri di Re Artù. Siamo venuti da te perché sappiamo che non c’è nessuno più anziano”.

La realtà, invece, è ben diversa. Per raggiungere un solo secolo è necessario sommare l’età di minimo 4 a mediamente 16 gufi a seconda della specie presa in considerazione.

Il più vetusto tra i rapaci notturni che vivono in Italia è il Gufo reale (Bubo bubo) che in natura riesce a raggiungere circa i 30 anni e massimo 60 in cattività. Oltre ad essere quello con maggiore speranza di vita è anche il più grande, con i suoi 70 centimetri di altezza che lo pongono all’apice della catena alimentare. Queste caratteristiche lo hanno però posto tra i rapaci più rari ed in costante decremento (si stima che in Italia nidifichino massimo 200 coppie) sia in quanto “appetibile” ai collezionisti senza scrupoli, che hanno provocato e provocano ancora catture ed uccisioni illegali di adulti e piccoli, ma anche per il disturbo antropico nei luoghi di nidificazione (escursionisti, scalatori, curiosi, ecc.). Tutte minacce che lo accomunano agli altri rapaci e che comprendono anche l’avvelenamento causato dai bocconi avvelenati (pratica illegale), topicidi e pesticidi, la trasformazione e frammentazione degli habitat naturali e l’impatto con elettrodotti, autoveicoli e vetrate.

Grazie alle circa 6.000-12.000 coppie nidificanti stimate in Italia invece, il Gufo comune (Asio otus) è una specie a basso rischio di estinzione ma che raggiunge massimo i 10 anni di età ed i 37 centimetri di altezza. Questa specie vive in ambienti boschivi circondati da aree aperte che utilizza per cacciare le sue prede preferite: topi e arvicole per almeno il 94% della sua dieta. Entrambe le specie sono monogame e possiedono sul capo dei vistosi e lunghi “ciuffi auricolari” che possono essere appiattiti, e quindi resi invisibili, a seconda dello stato d’animo dell’individuo, ma che non hanno nulla a che fare con le vere orecchie.

Una specie priva di “ciuffi auricolari”, leggermente più grande (con i suoi 38 centimetri di altezza) e con una corporatura più tozza, la testa più tondeggiante e le ali più corte e larghe è l’Allocco (Strix aluco). Questa specie vive nei boschi con alta densità di alberi prediligendo quelli con la presenza di esemplari maturi dove forma coppie tipicamente monogame e permanenti nel tempo. In Italia sono stimate circa 30.000-50.000 coppie nidificanti. Un’altra caratteristica tipica di questo rapace è quella di avere grossi occhi tondeggianti e neri che durante il riposo diurno gli danno un’aria da “addormentato” e che lo hanno reso protagonista del detto “stupido come un allocco”. Questa specie invece di notte si trasforma in un abile predatore notturno che riesce a catturare anche prede della sua stessa dimensione grazie alle sue potenti zampe dotate di robusti artigli.

La vita notturna, incomprensibile all’uomo di un tempo, è stata la fonte di ispirazione per diverse credenze e leggende che hanno come protagonisti gufi, civette e altre specie di rapaci notturni tanto che spesso in alcuni testi e traduzioni sono state confuse tra loro.

Simbolo di saggezza per molti popoli, il gufo nella tradizione britannica è uno dei cinque animali totemici centrali ed è considerato un animale sacro. Fu a causa del tentativo della Chiesa di strappare le genti alle loro credenze tradizionali e pagane che i simboli sacri furono denigrati ed il gufo venne gradualmente trasformato in portatore di cattivi presagi.

Ma la “demonizzazione” di ciò che proveniva da culture diverse è stata usata in tutti i tempi per giustificare azioni di repressione o di guerra (tattica tuttora in uso). Persino i Romani quando “presero in prestito” la dea Atena dai Greci per trasformarla in Minerva alterarono anche il simbolismo dei rapaci notturni che divennero sinonimo di cattive notizie e funesti presagi soprattutto se uno di questi entrava per caso nel Campidoglio.

In alcune parti del mondo i rapaci notturni hanno conservato la loro valenza positiva. Un antico proverbio del Sussex dice “Quando i gufi urlano di notte, aspettati un bel mattino” e diversi popoli credono che, dopo la morte, l’anima dei propri cari si congiunga ad un gufo e, dato che non è possibile sapere a quale di questi, tutti i gufi sono protetti! Forse per questa credenza, ancora diffusa nel Sud dell’Australia, in Gran Bretagna nel 1895 F.T. Elworthy scrisse “E’ di cattivo augurio sparare ad un gufo”. 

I rapaci notturni oltre ad essere molto affascinanti hanno anche un ruolo ecologico fondamentale come controllori dei roditori tanto che nel Regno Unito, per impedire che si continuasse ad uccidere illegalmente questi animali, fu preparato un manifesto educativo con un individuo accucciato su un ratto e con la scritta “Occupazione: distruttore di roditori. Compenso per la sua vita risparmiata: più cibo per gli uomini!”.

© Autore Angela Damiano — Pubblicato sul periodico  “La Fonte”

Tre specie a confronto